La chiesa evangelica italiana segue con molta attenzione il dibattito sulla corruzione e incoraggia tutti i cittadini, a vari livelli e in tutti gli ambiti della vita, ad agire con trasparenza, integrità e responsabilità, esprimendo una forte preoccupazione per il mantenimento di uno status quo che da un lato consolida l’aspettativa di impunità dei protagonisti e dall’altro aumenta il senso di impotenza della maggior parte di noi.

La corruzione sembra essere una delle patologie sociali che più caratterizza la società italiana, interessandone tutti i livelli della vita pubblica, civile e politica. Ad esempio, secondo il rapporto Corruption di Eurobarometro (2/2012), ad almeno il 12% degli italiani è stato chiesto di pagare una tangente negli ultimi 12 mesi. Si tratta di un intreccio perverso, fatto sia di corruzione spicciola - praticata da funzionari senza scrupoli della burocrazia e della politica che, ignorando le proprie responsabilità e i propri doveri, cercano ad ogni costo di sfruttare opportunità di auto-promozione - sia di grande corruzione che chiama in causa appalti, concessioni e piani urbanistici. L’insieme è davvero composito ma sembra confermare la tesi secondo cui le radici della corruzione italiana affondino sia nelle distorsioni di artificiose procedure decisionali (tempi lunghi, opacità, discrezionalità impropria, debolezza dei controlli), sia nelle variabili di natura culturale e istituzionale, comuni ai diversi processi economici, sociali e politici.

Lo scenario è così molto colorato e conosciuto a molti i livelli: cariche pubbliche a figli e amanti, carriere politiche barattate con favori privati, concorsi pubblici decisi da pressioni molteplici, cattivo uso delle risorse pubbliche a favore di posizioni personali, gestione politica caratterizzata dalla strategia dell’imbroglio e dell’inganno..

L’allarme è purtroppo giustificato e si conferma l’ampiezza dello spread etico e valoriale tra l’Italia e le altre nazioni europee. A ragione, le massime figure istituzionali del Paese hanno più volte richiamato la necessità di un nuovo slancio morale e ideale dell’intera nazione.

La Corte dei Conti ha di recente provato a quantificare in quasi 60 miliardi di euro annui il peso della corruzione nei bilanci pubblici. In molti, però, sono consapevoli che si tratti di una stima al ribasso. Vi sono, infatti, ricadute negative di lungo periodo che ancora sfuggono a una valutazione diretta: l’esposizione alle facili opportunità di arricchirsi con poco - maneggiando tangenti - spinge, di fatto, gli imprenditori-corruttori a investire nella costruzione di reti di contatti e rapporti di favore con i potenti di turno, piuttosto che dedicarsi all’innovazione tecnologica o all’opportuna ricerca dell’efficacia ed efficienza dell’agire economico. I burocrati, invece, trovano in tali meccanismi gli incentivi ad appesantire indecifrabili procedure e prassi bizantine. Gli amministratori e i politici sono così “indotti” a movimentare la spesa pubblica verso settori che massimizzino le loro aspettative di tangenti o di “riconoscimenti” vari, per quanto inutili, improduttive o antisociali possano essere tali interventi. Alla fine, tutti i corpi democratici si ritrovano a nutrire un vero e proprio tumore, tutto a vantaggio di corruttori e corrotti.

Anche le fedi religiose, le chiese e le agenzie missionarie non rappresentano purtroppo un’eccezione nella fenomenologia della corruzione. Piuttosto spesso si aggiungono soltanto al triste elenco, e la manipolazione del potere religioso per finalità personali ne diventa una delle cause generative. Il bisogno di coerenza, di trasparenza e di integrità deve così trovare piena soddisfazione a iniziare dalle stesse comunità di fede.

Il pensiero biblico

Nella Bibbia, la corruzione è un concetto molto più ampio del nostro linguaggio quotidiano. Nel racconto del diluvio si legge: “Il SIGNORE vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo” (Genesi 6,5). In molti altri brani, la natura e la condotta umana sono descritte in modo simile. La “malvagità” - che di fatto scaturisce dalla ribellione originaria (Genesi 3) - è semplicemente la corruzione delle motivazioni che si manifesta in una forma di comportamento distruttiva per la coesione sociale e l’integrità personale. La corruzione, così come la conosciamo noi, è cioè semplicemente una variante: l’appropriazione indebita e l’abuso di potere per scopi egoistici.

La storia di Israele ha fin dai suoi esordi la ricerca di “uomini capaci e timorati di Dio … fidati, che detestino il guadagno illecito” (Esodo 18,21). Ad esempio, il profeta Samuele, nel suo discorso di addio al popolo, ricorda la cifra della sua integrità: è stato un giudice che non ha accettato - a differenza dei suoi figli corrotti - tangenti o favori. L’avvertimento contro la corruzione attraversa, di fatto, l’intero Antico Testamento. Essa pone, infatti, le sue radici nell’avarizia, nell’ambizione sfrenata. Dio, invece, non “ha riguardi personali e non accetta regali”. Lui è l’incorruttibile. Come Gesù: anche se pesantemente tentato, non ha ceduto (Matteo 4,1-11).

Il profilo etico nella Bibbia è dunque sufficientemente chiaro. Tutti devono prestare attenzione ai rischi della corruzione, perché “il regalo acceca quelli che ci vedono, e corrompe le parole dei giusti” (Esodo 23,8) e - proseguendo nella stessa traiettoria - l’apostolo Paolo consiglia di accontentarsi di quello che si ha e avverte: “l’amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati” (1 Tim 6,8-11). Dopotutto occorre fare molta attenzione alla cupidigia: la vita non consiste nell’accumulo di cose (Luca 12,15). La corruzione - in tutte le sue forme - è quindi da combattere perché oltre ad offendere la dignità umana, svaluta le relazioni, monetizzandole, e distorce ogni ricerca di giustizia e solidarietà (Matteo 7,12).

Questo significa che dobbiamo “ritornare e … ravvederci, percorrendo le giuste vie dell’umiltà, dell’integrità e della semplicità che sa sacrificarsi. Dobbiamo rinunciare alle idolatrie dell’arroganza, del successo manipolatorio e dell’avidità consumistica che seducono così tanti di noi e dei nostri leader” (Impegno di Città del Capo, 1.9).

Dove la corruzione è presente - come sistema, struttura o procedure - non potrà esserci autentica “società responsabile”. E invece l’appello evangelico è proprio quello che ogni persona e organizzazione debbano essere responsabili delle loro azioni nei confronti della società nel suo complesso, delle generazioni future e - soprattutto - nei confronti di Dio, giusto giudice dell’universo intero.

La sfida evangelica

Ci sono alcuni importanti principi stabiliti nella Scrittura che sono molto rilevanti per affrontare alla radice il problema.

Innanzi tutto, è presente nella Bibbia una forte domanda di integrità e trasparenza in tutti i rapporti umani e i relativi comportamenti. La Bibbia dice semplicemente “no” a falsi pesi e misure, “no” alla manipolazione dei confini, “no” all’accumulo sfrenato, “no” alle ruberie nelle loro molteplici forme. Gesù, ad esempio, ha condannato l’uso improprio del Tempio, in cui si era sviluppato un florido commercio di animali sacrificali a prezzi gonfiati, assieme a transazioni monetarie che garantivano ad alcuni dei profitti molto forti, trasformando il cortile esterno in una “spelonca di ladri” (Matteo 21,13). I cristiani, invece, sono imperativamente concentrati sul Regno di Dio e la sua giustizia. E vivono come luce e sale (Matteo 5,13-16), segnati dall’integrità e dalla responsabilità.

Infine, la Bibbia propone la dimensione della custodia responsabile come essenziale. Essere in una qualche posizione di responsabilità significa coltivare e onorare la fiducia e l’onestà (cfr. Deuteronomio 16,16-17, Ezechiele 34; Isaia 5,23). La ricerca della ricchezza deve essere sempre proiettata al benessere altrui e alla costruzione di relazioni sane.

La formazione di una società civile - il ricco e plurale ecosistema sociale tra l’individuo, il mercato e lo Stato - richiede però la disponibilità di uno spazio autenticamente plurale per la circolazione delle idee e delle visioni del mondo, per l’azione, la discussione, il dibattito e la contestazione. Elementi, questi, che facilitando la creazione di un clima sociale e istituzionale arrivino a ostacolare e reprimere la corruzione nelle sue molteplici forme. Una forte società civile, cioè, offre ai suoi cittadini le risorse e le competenze necessarie per la ricerca della giustizia.

Per fare questo occorrono una vigilanza costante e un impegno sostenuto, ai quali i cristiani del XXI secolo non possono più sottrarsi.

Dopotutto, il disinteresse o la rassegnazione sono l’humus della corruzione. Riuscire a fare rete e costruire una massa critica di interessi sensibili ai temi dell’integrità e della responsabilità potrebbe essere un buon punto di partenza, quantomeno per riattivare i sani circuiti del controllo democratico.


Giuseppe Rizza
Commissione Etica e società
Novembre 2012

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